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Diritto Privato

NOMINA GIUDIZIALE DELL’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO

L’art. 1129 cod. civ. statuisce che la nomina dell’amministratore è obbligatoria quando i condomini sono più di otto, vale a dire almeno nove. Ma cosa accade quando i condomini – per inerzia o eccessiva litigiosità – non riescono a nominare l’amministratore?

La stessa norma prevede che in tal caso “la nomina di un amministratore è fatta dall’autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condomini o dell’amministratore dimissionario”.

In realtà, poiché il condominio di edifici altro non è che una particolare forma di comunione, l’art. 1129 cod. civ. ricalca altra norma di carattere più generale: l’art. 1105 cod. civ. dispone, infatti, che – allorché la maggioranza dei partecipanti alla comunione non trovi accordo sull’amministrazione della cosa comune – l’autorità giudiziaria può nominare un amministratore ad acta su richiesta di ciascun comunista.

Val la pena rammentare che, ai sensi dell’art. 1136, comma IV, cod. civ. le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell’amministratore condominiale debbono essere approvate dalla maggioranza dei condomini intervenuti in assemblea che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio. Sovente, tale maggioranza non viene raggiunta sia per la scarsa partecipazione dei condomini all’assemblea sia perché talora si assiste alla contrapposizione di fazioni – ciascuna paladina dell’amministratore che propone – col risultato di una frammentazione di voti, che paralizza l’organo assembleare.

E poiché il condominio non può restare privo di amministratore, l’ordinamento appresta il rimedio della nomina giudiziale di un amministratore.

Sotto il profilo sostanziale, i soggetti legittimati a chiedere la nomina sono uno o più condomini ovvero l’amministratore dimissionario.

Sotto il profilo processuale, si tratta di un procedimento di volontaria giurisdizione attualmente di competenza del tribunale nel cui circondario è posto il condominio. Con l’entrata in vigore della riforma di cui al D. Lgs. 116/2017 che ha modificato l’art. 7 del codice di procedura civile, dal 31 ottobre 2021 la competenza diverrà dei giudici onorari di pace.

Dunque, per ottenere il provvedimento di nomina di amministratore giudiziale, occorre depositare un ricorso e – benché la redazione non sia di così immediata semplicità – l’atto può essere depositato anche dal condomino personalmente, senza necessaria assistenza di difensore.

Peraltro, il ricorso deve essere adeguatamente motivato e corredato da documenti che ne provino la fondatezza e tale aspetto riveste particolare rilievo, giacché – trattandosi di un istituto straordinario con cui viene chiesto al  giudice di sostituirsi alla volontà assemblare – occorre che si dia la prova dell’effettiva sussistenza dei presupposti.

Il procedimento è trattato in camera di consiglio (al pari di quello per la revoca dell’amministratore) e si conclude – in caso di  accoglimento del ricorso – con la nomina di un amministratore che il tribunale individua in apposito elenco tra soggetti iscritti, che debbono possedere i requisiti indicati nell’art. 71 bis disp. att. codice civile.

Una volta nominato dal tribunale, l’amministratore giudiziale gode delle medesime prerogative e  soggiace ai medesimi obblighi dell’amministratore di nomina assembleare per tutta la durata del suo mandato, ma l’assemblea in ogni momento potrà revocarlo, purché contestualmente nomini un altro soggetto. Non è però raro che l’amministratore giudiziale, il cui operato sia apprezzato dai condomini, venga nominato (confermato, in senso improprio) alla scadenza, così divenendo amministratore di nomina assembleare.

Altro aspetto di rilievo pratico riguarda il rimborso delle spese sostenute per ottenere il provvedimento di nomina dell’amministratore.

La questione è oggetto di aperto dibattito.

Siccome il disposto dell’art. 91 c.p.c. statuisce che solo la parte soccombente possa essere condannata al rimborso delle spese in favore dell’altra parte, si è venuta consolidando l’opinione che nel procedimento diretto alla nomina giudiziale dell’amministratore non possa farsi luogo alla liquidazione delle spese per due ordini di motivi: anzitutto, perché il procedimento non si esaurisce con una sentenza e, inoltre, perché il giudice non è chiamato a dirimere un contrasto tra posizioni giuridiche confliggenti.

La natura propria dei procedimenti di volontaria giurisdizione – s’insegna – è di non essere suscettibili di divenire “cosa giudicata”, essendo revocabili o modificabili in qualsiasi momento e, nella fattispecie, la nomina dell’amministratore giudiziale avviene soltanto per ovviare all’inerzia della collettività condominiale, la quale in ogni momento potrà esercitare la propria sovranità e procedere a nuova nomina in sede assembleare.

Sulla scorta di tali premesse, l’insegnamento prevalente della Suprema Corte afferma che i procedimenti di volontaria giurisdizione, non avendo funzione contenziosa, difettano dei presupposti per la statuizione sulle spese e, dunque, esse restano a carico del soggetto che ha assunto l’iniziativa giudiziale (Cass. Civ. 18730/2005; Cass. Civ. 4706/2001).

E’ però lecito domandarsi se tali spese non possano essere “recuperate” attraverso un’azione autonoma, in separato giudizio, atteso che, in definitiva, la collettività condominiale finisce per giovarsi dell’iniziativa del singolo.

In proposito, sembra poter soccorrere la disposizione di cui al comma XI dell’art. 1229 cod. civ. che, in materia di revoca giudiziale dell’amministratore, così dispone: “In caso di mancata revoca da parte dell’assemblea, ciascun condomino può rivolgersi all’autorità giudiziaria e in caso di accoglimento della domanda, il ricorrente, per le spese legali, ha titolo di rivalsa nei confronti del condominio che a sua volta può rivalersi nei confronti dell’amministratore revocato”.

Ora, aldilà dell’infelice sintassi del comma, il legislatore ha previsto che, pur vertendosi in materia di volontaria giurisdizione, al ricorrente che veda accolta la domanda di revoca dell’amministratore, spetta la rifusione delle spese con diritto di rivalsa nei confronti della collettività condominiale.

Ora, se è lecito riconoscere le spese a colui che ha legittimamente richiesto la revoca, perché ciò non può avvenire anche per colui che – nella comprovata incapacità dell’assemblea di dotarsi di un amministratore – ne abbia ottenuto la nomina giudiziale e, dunque, abbia agito a tutela della gestione della cosa comune?

Qualche segnale in questa direzione è possibile coglierlo.

Ancora vigente l’impianto codicistico ante novella, un interessante arresto del Tribunale di Bari aveva così statuito “Nella controversia avente ad oggetto la nomina ad amministratore di condominio, l’interesse ad agire deve perciò ritenersi ancora sussistente quando, pur non essendovi più alcun contrasto nel merito, a seguito della nomina del nuovo amministratore, non vi sia però accordo tra le parti sulla regolazione delle spese processuali, nel qual caso il giudice è tenuto a dichiarare cessata la materia del contendere, nonché a condannare alle spese giudiziali, secondo il principio della soccombenza virtuale” (Trib. Bari, Sez. III, 6.9.2012)

Più recentemente la Suprema Corte ha chiarito che, sebbene il merito della decisione contenuta nei provvedimenti di volontaria giurisdizione non sia sindacabile in sede di legittimità, tuttavia la correttezza della statuizione di condanna alle spese può essere censurata in base alla motivazione che ha condotto il giudice alla decisione sulle spese di lite, cosicché il ricorrente è legittimato a proporre censure relative alla causa petendi e all’effettivo fondamento del petitum. (Cass. Civ.28466/2019).

Pare, quindi, avvertirsi un’apprezzabile apertura, anche per ragioni volte al contenimento del contenzioso.

Marzo 2020

Avv. Massimo Massara*

*Il presente scritto rappresenta unicamente le opinioni dell’estensore